venerdì 1 gennaio 2021

L’amore ai tempi del Covid

“A seguito della positività al Covid 19 di un collega, oggi gli uffici rimarranno chiusi e verranno sanificati. L’attività lavorativa per il personale di servizio si svolgerà in telelavoro. Domani seguiranno ulteriori comunicazioni per le modalità di accesso aziendale. Cordiali saluti”.


Oggi, primo giorno dell’anno, alle 11.32 mentre sto cucinando lenticchie e cotechino, ricevo sul telefonino questa mail asciutta e asettica dalla direzione aziendale. Per essere sincero non mi ha turbato affatto, lavoro da casa da un po’, non tantissimo ma abbastanza da sentirmi al sicuro in relazione a questo specifico messaggio. Non ho avuto contatti con colleghi, di recente. E quando dico contatti, intendo dire non solo che sono rimasto a distanza di sicurezza dalle scrivanie altrui da quando la pandemia è giunta in Italia nel febbraio scorso, ma anche che non esercito nessuna di quelle attività fisiche, e sentimentali a volte, immancabili in ogni organizzazione aziendale che si rispetti: intendo il farsi la collega o il collega (per fortuna vige la parità di genere, almeno in questo specifico ambito, che è una delle maggiori evoluzioni culturali e sociali della nostra società). 


Dunque ora è ufficiale: tra noi c’è un positivo, forse un appestato direbbe un ipocondriaco, per qualcun altro con una più accesa vena moralistica, un untore che se n’è infischiato delle regole del distanziamento sociale - l’appellativo varia a seconda del grado di coinvolgimento personale rispetto alla notizia -. E poiché in azienda siamo in 250 circa, la percentuale è più o meno dello 0,004 per cento, del tutto trascurabile quindi. 


Ma questo del tutto trascurabile varia, ovviamente, a seconda dei comportamenti individuali pregressi. Poiché la positività, non si sa se di genere maschile o femminile, coinvolge un soggetto soltanto, si può ipotizzare una quota di svenimenti e panico, verso le 12 odierne consultando distrattamente la mail aziendale dal cellulare, che interessa una trentina di persone ubicate in vari luoghi della città e della regione - pari allo 0,12 per cento circa degli aventi diritto a una relazione extraconiugale in ufficio. 


Il coniuge, compagno(a)-fidanzato(a)-marito(moglie), delle suddette persone presumibilmente penserà che tali mancamenti siano dovuti a un calo di zuccheri dopo i festeggiamenti notturni di San Silvestro, anche se avvenuti in tono minore quest’anno rispetto al 2019, e non ci farà caso più di tanto, tornando quasi subito alle abituali attività del primo dell’anno rispetto alla preparazione del menu di Capodanno per i familiari più due parenti aggiunti, con seguito di minori di anni 13.


Quindi ora sono le 18.43 e ho più o meno un collega su dieci che sicuramente sta meditando sulla sua disordinata vita sentimentale, familiare, extraconiugale, lavorativa dell’ultimo periodo. Quella celere promozione, per esempio, avvenuta non tanto per meriti professionali, ma per altre vie, ne valeva davvero la pena, pardon, il piacere? È anche vero che il Covid si trasmette in base al contatto, alla vicinanza fisica, ma anche inavvertitamente e inconsciamente chi può dire di non essersi accostato a quel pezzo di manzo(a) in ascensore, al caffè, nei luoghi comuni aziendali, nel parcheggio riservato al personale eccetera, negli ultimi giorni?


Come una minaccia fastidiosa, il “ricordati che devi morire”, di Non ci resta che piangere emerge nella mente del(la) fedifrago(a). E sono sicuro che in molti di quei trenta circa domani andranno a tamponarsi. O quantomeno ci sarà una telefonata extraconiugale rapida e indagatrice, con il cuore a mille: ciao amore, mi manchi tanto, come ti senti oggi?